Vi fu un tempo,
in Occidente, nel quale l’Ordine dei Fedeli d’Amore esisteva come
organizzazione iniziatica, e questo tempo resta legato alla storia delle
Crociate. Se si vuole ben considerare, secondo René Guénon, che questa
epoca ha prodotto « attivi scambi intellettuali tra l’Oriente e
l’Occidente», se ne concluderà che l’iniziazione dei fedeli d’amore
li rendeva atti a entrare in relazione con i Fedeli d’Amore d’Oriente. La
causa del fatto che tali scambi si siano interrotti per molti secoli è la
“degenerazione” dell’Occidente in materia di esoterismo. In compenso il
ventesimo secolo ha permesso l’accesso a testi di autori orientali che
erano restati inediti in Occidente. La loro esistenza favorisce adesso una
migliore conoscenza della Fedeltà d’Amore, che è fondamentalmente
d’Oriente e d’Occidente. Ciò significa che l’iniziazione all’ordine
dei Fedeli d’Amore sarebbe diventata possibile? Sarebbe
disconoscere la natura stessa dell’iniziazione – che è trasmissione
– il fatto di credere ciò, e tuttavia René Guénon stesso faceva notare,
alla fine del suo Re del Mondo, che «nelle circostanze in mezzo
alle quali viviamo adesso, gli avvenimenti si svolgono con una tale
rapidità che molte cose i cui motivi non appaiano ancora nell’immediato
potrebbero ben trovare, e anche più di quanto si sarebbe tentati di
credere, delle applicazioni molto impreviste, se non addirittura
imprevedibili.»
D'Oriente e d'Occidente
La storia della Fedeltà d’Amore
in Occidente non si ferma con la scomparsa o piuttosto con l’occultazione
dell’Ordine dei Fedeli d’Amore. Qui bisogna intendere la parola
«Occidente» nel modo in cui ne parla René Guénon in Oriente e Occidente,
per esempio, come di spazio geografico, di tradizione cristiana in
confronto a un «Oriente» che è di tradizione semitica, musulmana o ebrea.
È d’altro canto ciò che spiega come Henry Corbin ne abbia seguito la
traccia in direzione di Ibn ‘Arabî, dei teosofi e dei poeti persiani, come
Rûzbehân Baqlî, Hâfez o ancora Fakhr ‘Erâqî. Ma la tradizione dei Fedeli
d’Amore è anche una tradizione occidentale, nel senso che essa
concerne le tre religioni monoteiste, “abramitiche”, o piuttosto i loro
esoterismi rispettivi che sono la Cabala, tradizione ebraica, l’esoterismo
islamico e l’esoterismo cristiano. Julius Evola e René Guénon sostengono
che essa ha il suo equivalente in Estremo Oriente, specialmente in India.
Comunque sia, la storia dei
Fedeli d’Amore s’intende in Occidente al di là del termine stabilito da
René Guénon – che cita anche Boccaccio e Petrarca, dopo Dante e i
Fedeli d’amore. Perciò conviene qui evocare gli “anelli mancanti della
catena” che fanno durare questa storia fino ai nostri giorni. Poco importa
che si chiamino ai nostri giorni col nome di Fede e Amore, in
riferimento a una raccolta di frammenti filosofici del poeta tedesco
Novalis. Si iscrivono bene nella stessa linea spirituale che è quella dei
Fedeli d’amore. Basterà citarne due, un poeta e un pittore, Novalis
e Raffaello : «Il poeta romantico tedesco e il pittore italiano
appartengono alla stessa genealogia spirituale, quella degli artisti
visionari che sono stati iniziati alla Fedeltà d’Amore dall’apparizione
provvidenziale, nelle loro vite, di un certo volto di bellezza, volto
umano, come quello di Sofia per Novalis, che egli ha contemplato con gli
occhi dell’anima, o immagine divina, quella della Vergine Maria,
per Raffaello, che ne ricevette una notte la rivelazione.»
A questo proposito ritorna la
stessa domanda: perché Henry Corbin non ne ha fatto menzione? Dato che
esistono prove della loro appartenenza alla linea dei fedeli d’amore.
È , per esempio, Wackenroder che riporta questa citazione da una lettera
del pittore italiano al conte di Castiglione : «Siccome si vedono così
poche belle forme femminili, io tengo nella mente una certa immagine che
nasce nella mia anima.», o che trascrive qualche foglio di Bramante, a
proposito della visione di un’Immagine della Vergine Maria sopravvenuta
una notte a Raffaello. Bisognerebbe citare integralmente questo testo. Ma
ci limitiamo a ciò: «la cosa più meravigliosa è che gli sembra che
quest’immagine era proprio quella che aveva sempre cercato, sebbene non ne
avesse avuto mai altro che un presentimento oscuro e confuso» e anche
«l’apparizione era restata per sempre incisa nel suo cuore e nei suoi
sensi, ed era riuscito quindi a riprodurre i tratti della Madre di Dio
come se questi avessero fluttuato sempre davanti alla sua anima, e aveva
sempre avuto un certo rispetto persino per le immagini che dipingeva». Se
ci dovesse essere un dubbio riguardo alla presenza della Vergine Maria
nell’esperienza iniziatica dei Fedeli d’Amore, si ricorderà con René
Guénon che esistono numerosi simboli iniziatici della Madre di Gesù per i
quali l’applicazione «è perfettamente giustificata per via dei rapporti
della Vergine con la Sapienza e la Shekinah »
Quanto a Novalis, qualche
estratto del dialogo di Enrico e Matilde, nel suo unico romanzo
incompiuto, Enrico di Ofterdingen (1801), permetteranno di
comprendere perché è considerato il rappresentante più puro della
tradizione occidentale della Fedeltà d’Amore:
«Tu sei la santa che presenta
le mie richieste a Dio, l’intermediaria attraverso la quale Lui si rivela
a me, l’angelo col quale mi fa conoscere la pienezza del Suo amore. Cos’è
la religione, se non un’intelligenza infinita, un’eterna comunione di
cuori amanti? Dove due sono riuniti, Lui è in mezzo a loro. Ho di che
respirare in te eternamente, e il mio petto non finirà mai di riempirsi di
te. Tu sei il divino splendore, la vita eterna nell’involucro più
adorabile».
«Se solo tu potessi vedere come
mi appari, che irradiante immagine emana dal tuo corpo e viene a
illuminare i miei sguardi dappertutto, non temeresti nessuna vecchiaia. La
tua forma terrestre non è che un’ombra di quest’immagine; e certo le forze
della terra lottano e si prodigano per concretizzarla, per confermarla, ma
la natura non è ancora sufficientemente matura: l’immagine è l’archetipo
eterno che partecipa al santo mondo sconosciuto».
In queste condizioni si può
affermare che la genealogia spirituale dei fedeli d’amore, in
Occidente, non si è mai interrotta, anche se non è più il caso di parlare
qui di Ordine– e d’altro canto è mai esistito quest’Ordine come tale, non
è stato piuttosto un’organizzazione iniziatica, nel senso in cui
l’intendeva René Guénon? Che questa organizzazione resti sempre attiva,
anche se invisibile, «occultata», non è per questo di meno che una
certezza per alcuni. E ciò è quello che importa alla fine. Oltretutto la
sua esistenza in Occidente è un segno manifesto dell’appartenenza, ai
nostri giorni, dei Fedeli d’Amore d’Occidente a «un’élite spirituale
comune ai tre rami della tradizione abramitica», la cui etica «ha origine
alle stesse sorgenti e si situa alla stessa altezza d’orizzonte.»
A questo
punto si pone un’ultima domanda:
«Riavvicinati in questa
comunità di culto e di destino, i Fedeli d’Amore, quelli d’Occidente e
quelli dell’Iran ci fanno meglio distinguere almeno l’ordito del cammino
nel quale si sono tutti impegnati, mistici, poeti e filosofi. Si chiederà
se il percorso della loro Via ha ancora un significato oltre quello
storico, per le condizioni del nostro specifico presente storico?»
Henry Corbin nota che «Non c’è
una risposta generale né un programma teorico che la possa fornire a
questo genere di domanda.». Tuttavia esiste una risposta che è quella data
dall’esistenza stessa della Fedeltà d’Amore, ai nostri giorni, in
Occidente, di una tradizione che è restata viva e che è fondamentalmente
una tradizione d’Oriente e d’Occidente.
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